UN EVENTO
PROMOSSO DA
UN EVENTO
PROMOSSO DA
Le wall box sono particolari infrastrutture di ricarica pensante essenzialmente per l’uso domestico. Quindi destinate ad abitazioni private, condomini, oppure semplicemente posti auto. Una (quasi) necessità se avete deciso di acquistare una vettura elettrica o ibrida plug-in, perché la cosiddetta “ricarica casalinga” assicura il massimo della funzionalità per questo tipo di veicoli.
I modelli in questo segmento sono molti e si differenziano essenzialmente per i livelli di potenza disponibili. In linea di massima l’infrastruttura viene vincolata al muro e preleva l’energia necessaria direttamente da quella destinata alla propria abitazione. Ma non è assolutamente una regola fissa, perché può essere predisposta una rete ad hoc. L’ideale poi sarebbe potersi rifornire da fonti rinnovabili. Magari realizzando un sistema fotovoltaico per l’approvvigionamento dell’energia.
A prescindere dai potenziali virtuosismi a cui si prestano, le wall box sono più compatte rispetto ad una colonnina tradizionale e, solitamente, sono destinate alla ricarica di un solo veicolo elettrificato ed hanno il cavo integrato. I modelli commercializzati hanno potenze nell’ordine dei 3, 6 e 7 kW (monofase) oppure 11 e 22 kW (trifase). Si tratta comunque di sistemi a corrente alternata (AC).
La scelta dovrebbe essere condizionata dal tipo di vettura che si intende acquistare, in modo da scegliere la wall box più appropriata, facendo attenzione pure al contratto di fornitura in essere. Non sempre chi eroga il servizio è in grado di garantire certe potenze. Per questo le wall box da 11 o 22 kW sono spesso le meno appetibili dal punto di vista commerciale (sia per i prezzi, che per le esigenze energetiche). Mentre nella maggioranza dei casi le più vendute sono quelle da 3, 6 e 7 kW. Ciò non toglie che pure l’edizione più potente possa “lavorare” ad una potenza più bassa. L’intervallo di prezzi prezzi spazia da circa 400 euro sino a 12.000 euro. Nella fascia di maggiore interesse per l’utenza domestica (3-7 kW) si può arrivare ad un massimo di 1.500 euro.
Diverso il discorso per le infrastrutture di ricarica veloci (fast charge) e super veloci (ultra fast charge). Sono colonnine in corrente continua (DC) le cui potenze partono da 50 kW e possono arrivare sino a 350. Attualmente sono circa un migliaio quelle presenti in Italia e di queste, le ultra fast charge sono giusto poche decine. Ci sono pure i supercharger Tesla nella rete delle infrastrutture a ricarica ultra rapida, però sono destinate esclusivamente alle vetture di Elon Musk. Alle colonnine di ricarica veloci e super veloci hanno accesso praticamente solo le vetture elettriche di ultima generazione. Ma non sempre è sufficiente connettersi a tali un punti di ricarica per sfruttarne tutto il potenziale (vale come sopra).
Partiamo dal presupposto che non è necessaria alcuna autorizzazione per l’installazione di infrastrutture di ricarica ad uso domestico. Dal 2018 è altresì obbligatorio prevedere questo tipo di impianti all’interno di edifici residenziali di nuova costruzione con più di 10 unità abitative.
Casa o condominio?
Ma se chi vive in un’abitazione indipendentemente non ha alcun problema a dotarsi di una wall box, diverso potrebbe essere il discorso per chi abita in un condominio. Se si dispone di un box privato e si allaccia l’infrastruttura alla propria rete, non sono necessarie richieste all’amministratore. Ma se ciò non fosse possibile e neppure la soluzione di attivare un contratto indipendente dalla propria fornitura domestica, allora diventa fondamentale allacciarsi alla rete condominiale e pertanto richiedere l’autorizzazione ai propri condomini. In caso di via libera si dovrà dotare l’impianto di contatore di scatti per addebitarsi correttamente i consumi.
Non ho il garage, cosa faccio?
Il problema maggiore sorge quando non si ha un posto auto e sorge la necessità di far installare una colonnina (o wall box). Perché l’infrastruttura dovrebbe essere collocata all’interno delle aree comuni e per questo l’approvazione da parte dei condomini è la prassi. È necessario il consenso dell’assemblea condominiale con votazione a maggioranza semplice (legge 134 del 2012). L’approvazione include la divisione delle spese e il diritto di utilizzo da parte di tutti i condomini. Se non si raggiunge la maggioranza, chi ha fatto richiesta potrà comunque procedere ma dovrà sostenere in toto le spese di installazione e manutenzione del dispositivo.